QUANDO ERAVAMO PREDE

di Carlo D’Amicis
Minimum Fax Edizioni
pag 192  14 euro

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I cacciatori di “Quando eravamo prede” sono cinici, violenti, machisti, ubriaconi, vivono in una sorta di preistoria moderna all’interno di un bosco immenso e incontaminato. Hanno fucili, scorte alimentari e rifiuti portati dal fiume, spazzatura di una civiltà di cui si conosce poco o nulla, e che sta oltre la linea, là dove nessuno di loro si spingerebbe mai. Portano nomi di animali questi cacciatori, si chiamano Toro, Alce, Leone, Formica, Cagna, Farfalla… nomi di cui si appropriano in relazione alle affinità che sentono di voler usurpare. Il loro cerchio è un pezzo di mondo in cui le donne vivono segregate su una collina e vengono utilizzate solo per la procreazione, un pezzo di mondo in cui si litiga, si uccide e ci si ubbriaca continuamente. La caccia, gli spari di questi fucili che riescono a caricare grazie all’ingegno di Formica, che recupera i rottami della civiltà oltre la linea, ci fanno percepire con chiarezza “la terribile potenza del genere umano che lascia l’odore putrido del suo decomporsi”.
Ma cosa può succedere se, nello spazio di una notte, tutti gli animali, ma proprio tutti, scompaiono? Un silenzio mortale domina la foresta, non ci sono più le cavallette, i rospi, i ragni, i gufi, i cani, i bufali, le volpi.. . I cacciatori, che non hanno più nulla da uccidere, cominciano a soffrire la fame fino a deperire, ad ammalarsi, ad avere paura. Le scorte alimentari finiscono. Non hanno mai coltivato né raccolto perché uccidere era sempre stato molto più facile.
All’improvviso si scopre che anche loro hanno dei concorrenti. Entrano allora sulla scena di questo strano mondo distopico, dei topi mostruosi dotati di sei zampe e un solo grande occhio. Sono tantissimi e rosicchiano ogni cosa, anche gli immensi alberi che cadono sulle teste e sulle case dei cacciatori. La vita nel bosco diventa impossibile. I topi stanno prendendo il sopravvento e i cacciatori capiscono di non essere più in grado di sopravvivere.
I pochi superstiti cercheranno allora di oltrepassare la linea con il solo scopo di salvarsi. Ma solo quando un falco precede il ritorno degli animali ci si domanda: torneranno per finirli o perché finalmente si sono estinti?
Un romanzo duro che lascia pochi spiragli e poca speranza e che disegna un mondo in cui, a causa della nostra incapacità, si interrompe drasticamente ogni possibile forma di convivenza con gli animali. Ma che mette in guardia anche dalle facili semplificazioni di chi vede nell’abbandono della civiltà la soluzione di tutti i mali.